Di solito si è abituati a pensare a Coviolo come a una tranquilla frazione periferica prevalentemente residenziale, costellata di villette e case singole con giardino e tanto verde precedute dal grande campo cimiteriale cittadino, opera dell’architetto reggiano Enea Manfredini. Niente di più vero se non che proprio questo ridente villaggio, circa mille anni orsono, fu sede di un feroce teatro di guerra: la battaglia di Coviolo.
Qualcuno ne ha mai sentito parlare? Protagonista di questo combattimento fu Bonifacio di Canossa (985-1052), detto anche Bonifacio III da Canossa o Bonifacio IV di Toscana, padre della famosa grancontessa Matilde e figlio di Tedaldo, conte di Brescia, Modena, Mantova, Ferrara e Reggio.
Saldamente legato per tradizione familiare all’imperatore del Sacro Romano Impero, Bonifacio, nel periodo immediatamente successivo al primo matrimonio, venne costretto a fronteggiare una lunga serie di ribellioni da parte di diversi feudatari minori. Una di queste ribellioni vide partecipe addirittura il fratello minore Corrado. Diversi vassalli di Parma e di altri territori dell’antica Lombardia (l’attuale Val Padana centrale, compresa l’Emilia) che avrebbero voluto avvelenare Bonifacio si volevano servire del fratello Corrado dandogli in sposa le più bella delle loro figlie. Corrado inizialmente accettò anche se poi si pentì: tuttavia Bonifacio decise di punirlo invitandolo a non tornare più a Canossa.
I vassalli parmensi, che nel frattempo erano stati ceduti a un’altra signoria, sentendosi umiliati dall’esilio forzato decisero di dar battaglia a Bonifacio. Lo scontro si svolse in prossimità di Coviolo: fu cruento e, nonostante i 2.000 soldati a disposizione – una cifra enorme per l’epoca – Bonifacio era in procinto di essere sconfitto. Fu allora che, uscendo dal bosco alla testa di cinquecento guerrieri, apparve Corrado che intimò al fratello di non fuggire e di unirsi a lui per fronteggiare insieme le milizie dei vassalli di Parma.
L’esito della battaglia fu vittorioso per le truppe di Bonifacio che contarono soltanto la perdita di un soldato. Grazie all’impresa valorosa di Corrado, i due fratelli si riconciliarono. Al rientro verso il castello di Canossa Bonifacio si accorse, però, che dall’armatura del fratello Corrado scendeva un rigagnolo di sangue. Decise allora di portarlo a Reggio per garantirgli una pronta guarigione con le cure migliori: tre mesi dopo Corrado pareva essere guarito. Nonostante ciò, a causa della vita sregolata che conduceva frequentando taverne e lupanari, la ferita si riaprì: di lì a poco si sarebbe incacrenita e lo avrebbe condotto alla morte.
Corrado fu sepolto nella cripta della chiesa di Sant’Apollonia, presso il Castello di Canossa, alla presenza del notabilato dell’epoca e della potentissima Beatrice di Svevia. Correva l’anno 1021…
Bibliografia:
E. Ferri, 2002
A. Tagliavini, 2009