“QUA. Il quartiere bene comune” nasce come un progetto volto al dialogo, che come obiettivo primario, cerca una collaborazione tra il Comune e i propri cittadini favorendone il protagonismo. Per rendere l’intera città il più partecipe possibile, sono state messe in atto diverse strategie per poter raccontare tutto ciò che accade nei quartieri di Reggio Emilia.
Per fare ciò, il Comune si avvale della collaborazione di una redazione di studenti universitari iscritte all’Università di Modena e Reggio Emilia, UNIMORE, che si stanno specializzando in due corsi di laurea “Scienze della Comunicazione” e “Comunicazione Digitale, Pubblicità e Creatività d’Impresa”. Ed è proprio all’interno delle lezioni accademiche che viene studiata una forma narrativa di cui “Qua” ne è l’esempio perfetto: transmedia storytelling.
Che cosa significa?
La traduzione italiana di transmedia storytelling è narrazione transmediale. Viene definita così da Henry Jenkins, un importante, se non imprescindibile accademico e saggista statunitense che si occupa di comunicazione, giornalismo e arte cinematografica.
L’aggettivo transmedia, come suggerisce il prefisso “trans-”, si riferisce ad un particolare modo di raccontare un singolo tema specifico attraverso diversi tipi di media (o canali).
Sorge spontanea una domanda: per quale motivo si dovrebbe scegliere di utilizzare più di un medium? La risposta è altrettanto semplice ed immediata. Ogni canale veicola informazioni specifiche, ogni medium trasmette precise sensazioni e suscita emozioni esclusive, tutti i media soffermano la propria attenzione su una piccola sfumatura dello stesso argomento.
Un esempio per intenderci: leggere un classico Disney, ascoltare la stessa storia raccontata dai nostri nonni, guardare quella trama in formato video al cinema non sono la stessa cosa.
Visto che, in un certo senso, si sta parlando di modalità espressiva, trasmettere un’informazione in maniera transmediale permette, alla narrazione, di essere colta sotto ogni sfaccettatura e di crearsi un ricordo legato ad essa molto più forte. Possiamo fare il classico esempio di “l’intero è più della semplice somma delle singole parti” e in questo caso calza a pennello.
‘Qua’, come anticipato, ne è un ottimo esempio. Siamo di fronte ad un progetto che ha scelto di raccontarsi su due piattaforme principali. Una è il blog “Quaderno”, quello che state leggendo adesso, dove ogni settimana viene pubblicato un articolo. La seconda è una webradio, Rumore, la radio universitaria di UNIMORE, che ospita il programma “Siamo Qua!”, un secondo modo per dar voce alle stesse autrici degli articoli.
Il viaggio è quindi questo: nasce tutto da una semplice conversazione, uno scambio di informazioni, di opinioni, di osservazioni su un progetto nato all’interno di uno degli Accordi di Cittadinanza firmati con i quartieri di Reggio Emilia.
Si incontrano direttamente gli architetti di quartiere, le figure che hanno avuto idee per migliorare la zona in cui abitano e le persone che hanno dato una mano per la realizzazione del progetto. Si toccano con mano quelle che possono esser state le preoccupazioni iniziali e vengono portati alla luce gli eventuali ostacoli incontrati. Alla fine si legge quella soddisfazione negli occhi di chi vede che il proprio impegno e la propria perseveranza hanno portato ad un buon risultato, a volte ottimo.
È qui che si riconosce l’abilità del singolo redattore che deve cercare di raccogliere tutte le emozioni a cui è stato esposto, sintetizzarle e trasformarle in un articolo che sarà pubblicato online.
Per non rischiare che questo rimanga una semplice pagina fredda di un intenso blog comunale e visto che le cose da dire riguardanti questi progetti sono sempre tante, ecco che la narrazione continua e si sposta su un’altra piattaforma: la webradio.
Qui le parole non mancano, con uno stile ovviamente più informale si racconta nuovamente quella che è stata l’uscita e ci si sofferma anche su impressioni personali. È questo il luogo che lascia spazio per esprimere tutto ciò che sarebbe sbagliato riportare in un articolo di giornale.
Ecco svelato quindi l’iter che compiono queste informazioni che si plasmano per prendere la forma del medium attraverso cui sono veicolate sotto forma di narrazione.
Per quanto semplice possa sembrare tutto ciò che si nasconde dietro ai termini “transmedia storytelling”, la messa in pratica di questa strategia la si può considerare al pari di un’arte. Può sembrare alla portata di tutti, ma la sua buona riuscita è il risultato di un’ottima preparazione, attento studio, precisi obiettivi e una non trascurabile dose di creatività.
M. Doina Mareggini