“L’idea di questo progetto è nata alla fine del corso di italiano ‘Mamme a scuola‘. Abbiamo fatto un incontro con gli architetti di quartiere, chiedendo alle partecipanti del corso cosa sarebbe piaciuto fare loro, oltre al corso di italiano, affinché i nuovi progetti fossero frutto delle loro idee. Così è nato il corso di cucito.”
Mariam Ouhiya, operatrice dell’associazione onlus FILEF di Reggio Emilia, racconta così l’avvio del progetto – da lei coordinato – che si è tenuto a Villa Cadè da febbraio ad aprile 2018.
Nella scuola elementare Valeriani, nei pomeriggi del rientro, si sono tenuti infatti dieci incontri a cui hanno partecipato 16 donne. Molte di loro erano le stesse che hanno preso parte al corso di italiano e che hanno poi ideato il corso di cucito; ma la cosa sorprendente è che, grazie al passaparola, si sono unite anche altre donne italiane.
Inizialmente lo scopo principale di questa progettazione era insegnare qualcosa di nuovo alle donne straniere, creare un momento di condivisione e amicizia in una situazione in cui non è facile incontrare persone nuove a causa dell’ostacolo della lingua.
“Hanno partecipato donne che vivono qui da anni, ma ognuna era chiusa, diciamo, nel suo mondo, pur vivendo nello stesso quartiere; sia donne italiane che donne straniere. Donne – aggiunge Mariam -che magari si sono anche incrociate qualche volta, ma senza parlarsi. Invece, durante il corso, hanno iniziato a chiacchierare, chiedere l’una dell’altra, conoscersi”.
Questo corso ha quindi rappresentato un importante momento di incontro tra mondi diversi, con la guida di Rosa e Silvana – già volontarie FILEF – che hanno assunto il ruolo di “insegnanti” aiutando le partecipanti a mettersi in gioco e dilettarsi nel cucito.
Rosa ci racconta: “In generale sono state tutte entusiaste di questo corso: le donne italiane perché hanno avuto modo di rispolverare le proprie abilità nel cucito, le donne straniere perchè non sapevano proprio cucire a macchina, perché di solito nei paesi stranieri da cui provengono, per lo più arabi o africani, è l’uomo che fa il sarto, non la donna. Le abbiamo viste molto motivate a imparare”.
Tutto questo si è svolto in un contesto di totale collaborazione: in particolare la disponibilità della scuola Valeriani e del personale in servizio durante il rientro pomeridiano e la collaborazione di un’educatrice della FILEF, che si occupava dei figli delle donne impegnate nel corso.
Sottopentola di stoffa, shopper ripiegabili e grembiuli sono alcuni dei prodotti finali che hanno imparato a fare con le proprie mani le partecipanti al corso di cucito. Seppure siano oggetti utili nella vita di tutti giorni, è certo che le sedici donne che hanno condiviso questo tempo assieme hanno portato a casa molto di più: amicizie nuove e, finalmente, la sensazione di sentirsi veramente parte della comunità in cui vivono, superando qualsiasi diffidenza o pregiudizio.
Beatrice Tosi
L’iniziativa nasce dall’Accordo di Cittadinanza di Cella Cadè e Gaida.