Frutti diversi, stessa terra madre

Le porte del centro sociale Spallanzani sono aperte a tutti.

“Noi siamo qua, loro sono qui con noi. Non possiamo fare finta di niente, sarebbe come costruire dei muri”. Sono queste le parole che la counselor Cecilia Campagna sceglie di utilizzare durante la sua chiacchierata con noi.

Quella che vi riportiamo oggi è una storia delicata e sensibile, che tratta un argomento tutt’altro che semplice o da sottovalutare.

Al centro sociale Spallanzani, conosciuto a Reggio Emilia come “il centro sociale degli orti” è nato da qualche mese un progetto di collaborazione e coinvolgimento, dialogo e conoscenza reciproca volto ad un gruppo di circa 15 richiedenti asilo.

Rania Adbellatif lavora al servizio intercultura del Comune di Reggio Emilia e ci racconta come, dopo aver trovato una educatrice che potesse seguire i ragazzi, è stato proposto questo percorso.

Frutto di una proficua collaborazione, il Centro Sociale Spallanzani cerca di partire dall “io” di ogni persona, dalle singole difficili storie della migrazione. “Vorremmo offrire loro l’accoglienza del centro sociale. Fargli conoscere e vivere il quartiere con gli occhi di chi lo frequenta da sempre. Aprirsi alla città e conoscerne gli abitanti. Un percorso conoscitivo in cui il proprio io si trova a reinventarsi e a fare i conti con un nuovo luogo,nuove regole e nuove persone”.

Cecilia ci ha spiegato di che persone si tratta: “Ci sono ragazzi di 16 anni, ci sono adulti che superano i 50. I livelli di scolarizzazione sono differenti, sono diverse le regioni di provenienza! Ad esempio, Mali, Senegal, Tunisia, Pakistan… Le storie, le culture, le usanze, i background che all’apparenza condividono sono pochi. Pian piano sto rompendo con loro i primi muri che erano costruiti, il primo ostacolo abbattuto è stato riuscire a guardarsi negli occhi, un dettaglio che metteva molto a disagio soprattutto i ragazzi africani, che non sono abituati alla nostra cultura. È importante che loro si rendano conto di dove sono: centro sociale Spallanzani, Reggio Emilia, Italia, Europa. Qualche incontro fa ho portato un mappamondo perché mi avevano chiesto di capire quanto distasse il loro paese d’origine”.

Nonostante il progetto sia ancora in essere, l’obiettivo principale, come ha detto Rania, è ben chiaro: a partire dagli orti, per fare in modo che queste persone entrino in contatto con la vita della città. In che modo? Cercando di far conoscere e collaborare i richiedenti asilo con chi frequenta il centro e cura il proprio appezzamento di terra. Gli ortolani, infatti, non abitano solo un quartiere, ma vengono da tutta la città.

Per concludere abbiamo incontrato anche Graziana Melioli, presidente del centro sociale. Ci ha restituito un pensiero molto dolce che ci ha fatto riflettere su quello che tutti noi stiamo facendo. “Una ragazza tailandese che lavora al centro sociale ha un pezzettino di terra nell’orto…. Ha piantato i suoi ortaggi, diversi dai nostri. Me li ha anche fatti assaggiare, la sua zucchina è diversa dalla mia, un po’ più amarognola nel gusto e dall’aspetto strano: i frutti saranno anche diversi, ma la terra che ci dà da mangiare è sempre una.”

Questa è una delle idee che è stata proposta per avvicinarli alla nostra città, Reggio Emilia, ma sicuramente non sarà l’unica! I confini sono variabili perché di persone si parla.

Per riuscire a lavorare con il singolo, si deve adattare il percorso di integrazione ad ognuno: una volta creato un gruppo, insieme, si può interagire con quello che è il contesto.

Maria Doina Mareggini
Foto Federico Contini

Il progetto ‘Rafforzamento della cultura dell’accoglienza integrata‘ è nato all’interno dell’Accordo di Cittadinanza San Maurizio, Villaggio Stranieri-Bazzarola.

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