Architetti di quartiere, professionisti per le comunità e il territorio

Quattro chiacchiere con Graziana Bonvicini

Cos’è questa figura che opera nei quartieri di Reggio? Ce lo racconta Graziana Bonvicini, Architetto di quartiere che cura le frazioni lungo la via Emilia est e quelle a sud della città, ed è anche coordinatrice degli Architetti di quartiere del Servizio Politiche di partecipazione del Comune di Reggio Emilia.

Graziana, chi è l’Architetto di quartiere, da dove nasce questa figura?

È una figura professionale di cui si è dotato il Comune di Reggio Emilia quando, dopo l’abolizione delle Circoscrizioni, l’Amministrazione ha voluto sperimentare un nuovo modo di mantenere vivo il dialogo con i territori e le zone più decentrate della città; ma non solo, andò oltre e, con il progetto di città collaborativa Quartiere bene comune, ebbe l’intuizione di coinvolgere la cittadinanza nella realizzazione condivisa di progetti per migliorare la vita dei quartieri attraverso il protagonismo delle comunità e del territorio.

Era il 2015 quando il Comune ha fatto un cambiamento nel proprio organigramma e, andando a costruire un vero e proprio Servizio, ha individuato attraverso un concorso dei soggetti con determinate competenze, nove figure che fossero ciascuna un punto di riferimento per un’area della città, un ‘ponte’ tra l’Amministrazione, i quartieri e i cittadini.

In cosa consiste il vostro lavoro?

L’Architetto di quartiere quotidianamente cura le relazioni con i territori di sua competenza e, rispettando l’impianto metodologico di Quartiere bene comune di lavoro nei territori, organizza i laboratori di quartiere, dalla fase di ascolto delle istanze alla loro elaborazione, e affianca poi cittadini e associazioni nella realizzazione dei progetti condivisi, secondo il patto siglato nell’Accordo di cittadinanza.

L’aspetto interessante di questa figura, che in altre città viene chiamato community manager, è che vive il territorio e le relazioni con le persone ‘sul campo’, che lavora a stretto contatto con la comunità, nell’ascolto, coinvolgimento e ricerca di soluzioni efficaci e innovative a bisogni emergenti, in un’ottica di cura dei beni comuni urbani.

Quello che ci contraddistingue da figure simili in altre città è che noi agiamo attraverso un protocollo metodologico, definito dal Comune di Reggio, che consente di attivare processi di collaborazione in cui tutti gli attori in gioco sono responsabili del ciclo di vita del progetto, dall’ascolto fino alla valutazione condivisa dei risultati e degli impatti.

Qual è secondo te il valore dell’Architetto di quartiere?

Andiamo nei quartieri per raccogliere le istanze, i bisogni, su cui facciamo un lavoro di mediazione e costruzione di reti tra soggetti diversi, che sono legami di fiducia reciproca e di collaborazione vera e fattiva, cerchiamo di dare risposta alle comunità proprio attraverso le comunità stesse e la loro attivazione.

Ecco, l’Architetto di quartiere è capace di accendere una miccia, di innescare interazioni e favorire la creazione di  qualcosa di nuovo partendo da quello che c’è. È così che generiamo cambiamento e innovazione, nuovo valore relazionale e sociale.

Abbiamo capito che siete ‘architetti’ nel senso che costruite spazi di interazione, geometrie di raccordo tra i cittadini e tra le comunità e l’Amministrazione, quali sono le competenze necessarie per svolgere questo ruolo?

Quella dell’Architetto di quartiere è una figura poliedrica, trasversale rispetto ad aree di competenza; ognuno di noi viene da background diversi, dalle scienze umane all’urbanistica, io ad esempio sono laureata in Scienze Geografiche; negli anni la forza di questo Servizio è stata anche l’eterogeneità delle figure e delle diverse competenze, che sono complementari e per questo è necessario e prezioso il lavoro ‘in staff’ di costante condivisione, integrazione e coordinamento.

Di base tutti dobbiamo conoscere il territorio e le dinamiche che lo animano, dimostrare capacità di mediazione, competenze organizzative e creative, di intuizione nel matching di risorse, abilità comunicative. Nella nuova stagione di Quartiere Bene Comune la sperimentazione sui territori si è orientata anche verso progetti di complessità crescente, e come gruppo di lavoro siamo stati chiamati a rafforzare competenze tecniche e capacità manageriali.

Quando hai a che fare con progetti di rigenerazione urbana come quelli del filone degli usi temporanei di immobili del patrimonio pubblico o privato come beni comuni (Villa Levi, Rivalta, Palazzo Vecchio al Mauriziano, il Giardino di Gabrina) servono competenze molto specifiche che abbiamo dovuto acquisire. Su questo filone di lavoro siamo anche affiancati da una professionista esperta di questi temi, che ci accompagna nel processo di lavoro e in tutti i luoghi.

Oltre ad essere Architetto di quartiere, sei anche coordinatrice del gruppo degli Architetti di quartiere. Quali sono i progetti che più ti hanno coinvolta o hanno richiesto una grande capacità di coordinamento?

Il più sfidante è proprio il filone degli usi temporanei di spazi e parchi come beni comuni, dove il lavoro di prossimità si inquadra in una visione più ampia di riqualificazione urbana e animazione sociale, con l’obiettivo di riconsegnare alla città luoghi rigenerati che promuovono attività rivolte a tutta la cittadinanza. All’interno di questi processi a scala urbana abbiamo mantenuto comunque il filo e rafforzato il lavoro di tessitura dei legami sulla scala di quartiere, che è l’unità di misura del nostro lavoro, all’interno della quale si trova una grande ricchezza di relazioni, competenze, idee, solidarietà che va presidiata e valorizzata.

Seguo poi in prima persona il progetto, trasversale su tutti i territori, di trasformazione dei centri sociali in case di quartiere: 27 immobili del Comune, diffusi su tutta la città, assegnati in gestione a delle aps, protagonisti della vita civica e del sistema di coesione sociale della città, che accompagniamo verso una nuova visione e si arricchiscono di funzioni e servizi.

Un percorso sfidante, per il quale ci siamo affidati al supporto di una realtà bolognese, che proprio su questi temi ha grandi competenze, e che ci ha portato dopo due anni a vederne i risultati: 21 centri sociali hanno avviato il loro percorso di trasformazione, accettando la sfida di fare un salto in avanti, rafforzare la loro naturale vocazione e identità e accrescere i servizi per la cura della comunità e del territorio, per essere sempre più ‘case’ per il proprio quartiere.

Come Architetto di quartiere delle frazioni lungo la via Emilia est, da Masone in poi, mi ha coinvolta in modo particolare il lavoro nel forese, frazioni a vocazione agricola dove spesso ci sono meno risorse infrastrutturali, dove facilmente non si trovano luoghi di ritrovo ed è più complicato incontrarsi, ma dove è forte il desiderio di comunità; qui ho trovato una spinta civica e collaborativa molto stimolante, che mi fa sentire che il nostro lavoro fa la differenza, creando spazi di incontro e di aggregazione civica.

Che cosa si sta muovendo ora sui territori, quali i progetti in corso e in programma per il futuro?

Attualmente sono attivi i Laboratori partecipati del progetto ‘Reggio Emilia città dei sentieri‘ che è entrato nel vivo della realizzazione e tabellazione dei sentieri diffusi in tutto il territorio e nella progettazione dei percorsi del centro storico; nell’ambito del Laboratorio per la rigenerazione e riapertura del parco del Legno, dopo la fase di ascolto e co-progettazione, è iniziata l’esecuzione dei lavori di sistemazione del parco e allestimento del vivaio di Fiori Ribelli.

Il filone di lavoro dedicato alla costruzione di spazi e reti di comunità riapre nelle prossime settimane i laboratori per la riprogettazione delle attività nei quartieri nell’ambito degli Accordi di cittadinanza siglati un anno fa, che chiuderanno il loro ciclo alla fine del 2024.

Sul filone degli usi temporanei di spazi e parchi come beni comuni, sono partiti i laboratori di monitoraggio delle attività svolte e la programmazione dei cartelloni della prossima stagione di Villa Levi, di Palazzo Vecchio al Mauriziano e del Giardino di Gabrina.

Riguardo i programmi per il futuro, Quartiere bene comune ha davanti a sé una grande novità e innovazione che sono le Consulte dei quartieri, i nuovi organismi di partecipazione territoriale che si stanno insediando proprio in questi giorni, chiamati a contribuire alla programmazione delle politiche e degli interventi dell’Amministrazione comunale. Non vediamo l’ora di vedere cosa porteranno in dote gli oltre cento cittadini al lavoro nelle Consulte su questo fronte.

Il 2023 porterà in dote, anche, una nuova e aggiornata versione del Regolamento per la co-progettazione nell’ambito degli Accordi di cittadinanza. Con la collaborazione dell’Università LUISS di Roma, stiamo adeguando la nostra ‘carta costitutiva’ sulla base dell’esperienza acquisita sul campo e di nuovi orizzonti, quello di mettere la collaborazione al centro di una nuovo modello di città orientato alla giustizia urbana e sociale: solo nuove forme di inclusione e partecipazione, e quindi di democrazia, possono aiutarci a salvare noi e il pianeta.


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Foto di Federico Contini per Quaderno-Comune di Reggio Emilia

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